Matteo Bianchimano Psicologo a Modena
Akhtar(Akhtar S.,2013) raccoglie le sue riflessioni, nei diversi significati che può assumere il silenzio nella situazione analitica, in otto tipologie. A ognuno di essi sono associati scenari pulsionali e relazionali discreti.
Silenzio strutturale
Questo tipo di silenzio riflette esperienze psichiche silenti qualificabili in termini di strutture e processi connessi.
Il concetto di “vero sé” di Winnicott ne è un esempio: struttura non descrivibile e non verbalizzabile, si fa esperienza di essa attraverso un vita in cui una corporeità sottile e un’esistenza psichica non ostacolata operano armoniosamente insieme.
“L’area della creatività” di Balint: esperienza psichica caratterizzata da un lavoro preconscio, in cui il soggetto, senza oggetto interno o esterno, lavora maneggiando pre-oggetti preconsci, operando per farli diventare oggetti compiuti. Oltre alle produzione di opere artistiche può riguardare momenti di comprensione interpersonale o la presa di consapevolezza di una malattia.
La “rimozione originaria” concettualizzata da Freud e Breuer: area di esperienza inerente il periodo vissuto della prima infanzia, gli elementi facenti parte della rimozione originaria non possono essere ricordati in forma verbale, ma solo rivissuti.
Questo tipo di silenzio non deve essere interrotto, ma bisogna aspettare pazientemente il compimento del processo creativo.
Silenzio non mentalizzato
Questo tipo di silenzio esprime l’incontro mentale dell’analizzato, con contenuti non mentalizzati: sensazioni affettivamente connotate incomprensibili e vaghe, che rimangono per lui incomprensibili e non mentalizzabili.
Bion ha sviluppato il concetto di funzione alfa materna, per cui nella relazione tra madre e bambino, la madre assolve la funzione di trasformare gli elementi beta in elementi alfa; ovvero trasformare gli elementi psichici scompaginanti del bambino, in esperienze dotate di senso e pensabili; questa capacità verrà interiorizzata con il tempo dal bambino, che sarà così capace di riflettere sui propri processi mentali.
Nei casi in cui questa funzione materna non venga assolta, o si riveli carente, la mente del bambino non avrà la capacità di riflettere efficacemente circa i propri ed altri stati mentali.
Nella clinica assisteremo, in questi casi, ad interruzioni nelle libere associazioni, seguite da un sospiro. La sensazione sarà quella che sia in corso un’esperienza di disorientamento ed inermità che accompagna la mancanza di parole.
In risposta a questo silenzio è opportuno procedere con cauti incoraggiamenti a pensare di più.
Silenzio difensivo
Silenzio che compare come conseguenza dell’emergenza di contenuti inaccettabili alla coscienza da cui scaturisce un sentimento di vergogna o un sentimento di colpa. In seguito all’emergere di tali contenuti, l’Io sperimenta angoscia, compromettendo la capacità di continuare ad associare liberamente; il silenzio permette al paziente di difendersi dall’angoscia che lo sta turbando. Un incoraggiamento ed una forma di analisi della difesa, può portare verso contenuti più profondi, potendo portare alla luce motivazioni o paure. Tale silenzio risulta quindi una preziosa opportunità per il progredire dell’analisi.
Un altro tipo di difesa attraverso il silenzio riguarda pazienti per cui è inaccettabile ricevere amore(masochisti e schizoidi): davanti alla percezione del sentimento di amore ricevuto si possono difendere con il silenzio.
Ulteriore silenzio difensivo è il rifiuto deliberato di parlare: il paziente tace contenuti specifici che emotivamente significativi che susciterebbero un profondo conflitto. Un tale meccanismo difensivo può esprimersi non solo rifiutando di parlare ma anche attraverso il manifestarsi di verbalizzazioni pseudo-cordiali.
Silenzio come messa in atto
Si tratta, in questo tipo di silenzio di tradurre in azione, configurazioni relazionali diversificate; manipolare l’oggetto terapeuta per esprimere relazioni oggettuali interne o scaricare impulsi aggressivi.
Ne fanno parte i fenomeni di identificazione proiettiva: il terapeuta come risposta al silenzio agito del paziente, si sente sollecitato a sua volta sul piano dell’agire. Il paziente può proiettare, o in alternativa identificarsi, con frammenti si sé o di oggetti introiettati per far sentire al terapeuta come lui si sentiva nelle relazioni del passato.
Può essere un attacco al terapeuta o al processo terapeutico che realizza così un movimento pulsionale aggressivo.
Inoltre, il silenzio come messa in atto può essere un tentativo di soddisfazione del Super-Io, che nel transfert, cercando di soddisfare il bisogno di espiare una colpa, usa il silenzio per provocare una punizione.
Silenzio simbolico
Lettura del silenzio in relazione alla teoria pulsionale: attraverso il silenzio potrebbero essere rappresentati spostamenti o derivati simbolici di altre mete istintuali.
Nell silenzio in relazione all’erotismo anale(nevrotici ossessivi) la bocca sostituisce l’ano e le parole le feci: attraverso il silenzio si riproduce il tema del controllo verso la madre nelle vicissitudini legate alla gestione sfinterica.
Grazie alla crescita dell’Io, i movimenti affettivi scaricati inizialmente tramite il corpo, possono essere ora scaricati nella parola attraverso sostituzione.
In relazione alla fase orale il silenzio può rappresentare una bocca aperta in attesa del latte-voce del terapeuta; in relazione alla fase anale un ano stretto che rifiuta di espellere le feci alla madre richiedente; in relazione alla fase fallica una vagina accogliente pronta a ricevere le interpretazioni falliche del terapeuta-padre.
Così come attraverso le parole possono essere scaricati movimenti pulsionali prima vincolati all’espressione corporea, è vero anche il contrario: il silenzio può essere espresso attraverso gli organi. In particolare gli occhi. Rifiutare di guardare qualcuno è un modo per rifiutare la comunicazione; se questo comportamento avviene nel contesto di sviluppo dell’individuo da parte della madre verrà inevitabilmente minato il proprio narcisismo e la costanza dell’oggetto.
In casi estremi il silenzio può simbolizzare talvolta l’assenza di oggetto; esperienza di assenza così profonda da essere paragonabile ad un senso di disgregazione strutturale, di morte psichica.
Silenzio contemplativo
Una quiete pensosa, un’affettività pacata, un rivolgimento dell’attenzione verso l’esperienza interiore e un rallentamento dell’attività cognitiva e percettiva permette l’emergenza di intuizioni o la metabolizzazione di informazioni acquisite dall’esterno; durante questo silenzio avviene un sottile dialogo privato con i propri oggetti interni o si sviluppano riflessioni su informazioni provenienti dall’esterno.
Generalmente dopo la comparsa di questo silenzio, si verificano narrazioni significative o aumenti dell’attività associativa.
Questo genere di silenzi può avvenire successivamente ad un’interpretazione corretta da parte del terapeuta, in cui serve del tempo di riflessione al paziente per metabolizzare una presa di coscienza. Al silenzio seguirà materiale di conferma.
In alternativa, nel caso di interpretazioni scorrette, seguiranno silenzi più duraturi, che indicano delusione per non essere stati compresi.
Oltre alla situazione clinica, questo silenzio si verifica quando vengono apprezzate le opere artistiche o, nel lutto.
Silenzio rigenerativo
Winnicott, descrive due tipi di silenzio: un silenzio attivo o reattivo e un “non comunicare semplice”, corrispondente al silenzio rigenerativo. Un silenzio capace di reintegrare l’Io, riposante e connotato positivamente; esso restaura la vitalità del vero Sé(incomunicabile per natura)
Khan usa l’immagine di un campo lasciato a maggese: un momento di esperienza rinnovante per l’Io caratterizzata da uno stato d’animo sensibile, passivamente ricettivo e labile.
E’ un esperienza che può verificarsi, favorita dalla presenza silenziosa e non invadente di qualcuno; un momento di transitoria non integrazione che favorisce l’integrazione.
Silenzio vuoto
Un tipo di silenzio declinato positivamente o negativamente.
Descrivendolo positivamente, van der Heide lo descrive come un fenomeno regressivo, a favore dell’identificazione primaria e del narcisismo; rappresenta una beata fusione del sé e dell’oggetto; è uno stato mentale prossimo al sonno. Generalmente questo silenzio appare dopo una corretta interpretazione di transfert.
Nella sua declinazione negativa questo silenzio rappresenta l’assenza totale di attività della mente: nessun pensiero, nessuna immagine, nessun affetto. E’ uno stato gravemente patologico, un ritiro degli investimenti oggettuali di natura psicotica, equivalente alla morte psichica.
Il silenzio del complice
Dobbiamo ricordare gli effetti devastanti che ha il silenzio complice di chi, nei casi di abuso sui bambini, ha taciuto con un atteggiamento silenzio davanti al perpetrarsi della violenza. Verrà compromessa profondamente l’identità e la chiarezza percettiva del bambino. Di fatto, un genitore viola in corpo del bambino e l’altro, volgendo altrove il proprio sguardo, si rende complice.
E’ affidata alla sensibilità del clinico la lettura significativa del silenzio in corso. Il modo di procedere al silenzio dipenderà dal livello di funzionamento e dalle necessità del paziente: con pazienti di funzionamento più basso e che stanno sperimentando un silenzio contemplativo o rigenerativo, dovremo aspettare pazientemente e rispettosamente l’attività psichica del paziente; nel caso di silenzi difensivi di pazienti più evoluti sarà consigliato intervenire con interventi interpretativi.